Soggetto: Malocchio

| ottobre 12 | Soggetti

Un documentario sul pensiero magico in Calabria e Lucania sta facendo parlare di sé.
Il telegiornale di un’emittente locale lo introduce con una rassegna stampa che ci lascia intendere di che cosa parli: magarìa, lupi mannari, poteri matriarcali, ruralità preistorica.
L’appuntamento è per la seconda serata.

La trasmissione di approfondimento del canale, attraverso un talk show vuole recensire il successo del documentario:
sacche di sconsolante arretratezza culturale o preziose testimonianze di un folclore antico a rischio di estinzione?
Ritratto degradante e razzista del sud o un innocuo compitino etnografico che raccoglie aneddottica marginale?
Come qualunque dibattito televisivo non ci aspettiamo che si giunga a nessuna conclusione.
Quello che ci interessa è che questo tema, “Il pensiero Magico”, sia commentato in questo formato.
Da qui inizia un alternanza con un doppio registro, sia narrativo che fotografico, tra lo studio televisivo e una serie di frammenti documentari.

A) I FRAMMENTI DOCUMENTARI: LE INTERVISTE, LE RICOSTRUZIONI.

Sono composti da:

-interviste e testimonianze di carattere antropologico,
-ricostruzioni di esperienze personali, aneddoti e rituali,
-illustrazioni evocative attraverso disegni e animazioni,
-l’uso di materiali di repertorio quali filmati d’epoca o registrazioni.

Questo l’elenco dei temi trattati:

-“La magaria”, un sistema di potere magico matriarcale che si fonda sul fascino e sulla fattura, arrivando a ramificarsi in ogni aspetto della vita sociale.

-“U lupo pampano”, la variante locale del mito del lupo mannaro.
Qui indagata con una serie di interviste realizzate a Satriano (CZ) che si spingono fino alla descrizione di incontri e avvistamenti.
-“Le messe dei morti”, un topos già indagato dall’antropologo Ernesto De Martino nel suo celebre saggio del 1959 “Sud e Magia”, una ricorrenza onirica, quasi solo femminile, che ci offre uno sguardo sull’aldilà.
Si tratta di messe celebrate di notte da preti defunti esclusivamente per fedeli defunti.
-“I preti volanti”, altro ciclo descritto dal De Martino, un flagello dei braccianti, manifestazione diabolica alla base di rovesci catastrofici e altre sventure meteorologiche.
-“Legamenti notturni”, esperienze oniroidi in cui le vittime asseriscono di risvegliarsi legati al proprio letto dopo essere stati visitati durante la notte da magare.

-“Donne gatto”, una variante femminile del Lupo Mannaro, diffusa nell’area del Pollino, spesso associato alla lussuria.
-“Spiritelli domestici”, una forma di poltergeist rurale in cui spiriti benevoli si piazzano in casa come “amici di famiglia”, offrendo piccoli servizi come: divinazioni, intrattenimento, avvertimenti.

B) IL TALK SHOW

Uno studio televisivo, un talk show di un’emittente locale calabrese.
Cerchiamo due registri.
Il primo è quello dell’approssimazione di una televisione locale, quel misto di bassa definizione e ingenua imitazione di un vero network televisivo che dagli 80 ad oggi non ha mai smesso di animare i rustici studi dell’etere italiano.

Il secondo è quello del dispositivo stesso del talk show, nella sua inconludente retorica, sopravvivenza di un ancestrale rito orale.
Ecco una comunità raccogliersi intorno al fuoco di un tinello televisivo, per confermare reciprocamente la propria autorevolezza ed esorcizzare i pericoli con la liturgia del dibattito.
Questi alcuni possibili personaggi: il giornalista e conduttore, dall’obiettività facilmente polarizzabile, un politico locale, il sacerdote preoccupato per l’opera del demonio, la professoressa di latino del locale liceo.
Un dibattito retorico, pindarico, erudito, omertoso per poter affermare: “ne parliamo oggi e non ne parliamo più, anche perché queste cose portano jella”, a cui è affidato il ruolo di corollario e commento sepolcrale su un tabù su cui forse è meglio non fare luce.

NOTE DI REGIA

L’origine di questo progetto è un montato di 18 minuti, una raccolta di interviste realizzate a Satriano, CZ, da Alessandro Diaco sull’argomento dei lupi pampini, o lupi mannari.
Alessandro ha parte delle sue radici familiari a Satriano.

Il montato, l’allegato di questa presentazione, non ha uno sguardo antropologico anche se non è impossibile leggere questa qualità.
Mischia opinioni a racconti biografici, materiali di repertorio a interviste ambientate, indaga in modo ambiguo interni, architetture, atmosfere notturne che sembrano un preludio alla ricostruzione dei fatti narrati.
A partire da questo materiale ci è sembrato opportuno allontanarci dall’etnografia e dall’obbligo del rigore documentario.
Il primo tentativo è stato quello di alzare lo sguardo verso la persistenza del pensiero magico nel sud Italia, un orizzonte incommensurabile, dominato da un massiccio gigantesco: l’opera di Ernesto De Martino e la sua descrizione della magarìa e dei rituali magici.
Ma davvero ci sembrava difficile raccontare oltre e non siamo sedotti da nessuno che lo abbia fatto, a quasi sessanta anni di distanza.
Oltretutto l’antropologia e l’etnografia non sono il nostro strumento musicale, temiamo la tassonomia, schiviamo l’esaustivo e l’elenco.
Questo ci ha portati a considerare prima il falso e in seguito il verosimile.
Abbiamo cercato di confrontarci con la stagione di un cinema risolto nel suo complesso disordine. Una mappa che parte dall’arcipelago dell’Italia cinematografara degli anni ’70,
“Arcana” di Giulio Questi o “La croce dalle sette pietre” di Marco Antonio Andolfi, fino ad arrivare all’isola misteriosa di Augusto Tretti, quel “Alcool”, che finge di essere un falso film che simula l’antropologia.

Ma temiamo questa strada, quella del falso, quella della finzione.
Ci troviamo a nostro agio con il verosimile, con la ricostruzione, con l’ambiguità del mockumentary.
Abbiamo deciso di ambientare una parte del soggetto in uno studio televisivo di un’emittente locale, perché riconosciamo ad una piccola televisione calabrese lo stesso status delle leggende sui vampiri o dei riti di magarìa: un dispositivo narrativo “tribale”, locale, parte di una cultura destinata all’estinzione. Forse.
Meritevole della stessa attenzione etnografica solitamente riservata a culture più tradizionali.
Non scompaiono solo gli strumenti musicali, i repertori di ballo, le pastorali, gli abiti dei venerdì di passione, le statue votive.
Anche i canali al limite dello spettro visibile, le camere e le titolatrici, gli studi di talk show abbelliti da ficus e papiri, le conversazioni ampollose tra assessori seduti su sedie di vimini, anche questo scompare.

UN DOCUMENTARIO IN TECNICA MISTA

Lavoriamo insieme da più di dieci anni.
Non abbiamo mai avuto rimorso nel mischiare formati e tecniche.
Qui c’è da riprendere una jacopettiana savana, selvaggia e pericolosa in cui scorre il fiume Congo della superstizione e del pensiero magico, un luogo che promette e merita ambiguità.
Pensiamo di affianciare alle tradizionali riprese, animazione su pellicola, videocamere desuete, videografica.
Pensiamo di voler lavorare sulla verosimiglianza di uno studio televisivo in cui la dotazione tecnica si è fermata ai primi anni 90, di riprendere in digitale parte delle interviste e delle ricostruzioni, di usare foto e girato d’archivio, disegnare e animare parte di quel che viene descritto e soprattutto crediamo di voler accostare i piani alternandoli senza mischiarli.
Ogni segmento verrà realizzato con un trattamento visivo distinto.

TALK SHOW

In passato (cfr. La serie U.S.O) abbiamo cercato di offrire le scenografie del discorso, non la scrittura dei dialoghi.
Non abbiamo intenzione di parodiare una trasmissione, sceneggiarla e sovrascriverla.
Ci riserviamo il ruolo di istruire un conduttore televisivo sulla scaletta degli argomenti, sulle insinuazioni ammesse, sulle provocazioni utili, non diversamente da come potrebbe fare la verosimile redazione di un talk-show.
Analogamente anche il trattamento visivo vuole sfruttare la tecnologia e l’estetica di un broadcast locale: specifiche videocamere, la videografica di una titolatrice, la grafica di rete come intermezzo, la sigla della trasmissione, i disturbi di emissione, lo sponsor, le telefonate in diretta.

INTERVISTE

Simultaneamente non temiamo l’uso del racconto in camera o l’intervista nella sua dimensione di indagine antropologica. Anche di questo abbiamo avuto esperienza in passato (cfr. Nuestra Santisima Muerte).
Le interviste, tutte ambientate, da realizzare con una doppia camera a proseguire lo stile del montato in allegato.

RICOSTRUZIONI

Nelle ricostruzioni filmate cerchiamo il carattere teatrale dei rituali magici;
la possibilità di essere messi in scena da parte di attori non professionisti (non necessariamente vere magare), nei tinelli di casa, nelle stalle, nei cantieri, senza perdere la loro forza di evocazione del soprannaturale.

Usiamo ambienti autentici con le loro luci, su cui interveniamo in modo minimale, quasi per correggere il naturalismo in alterità familiare.
Dove è impossibile filmare ma non evocare usiamo ricostruzioni in animazione (cfr. La settimana spirituale, Ci sono gli spiriti).

MATERIALI DI REPERTORIO

Laddove utile intendiamo servirci di audio originali di archivi etnografici, filmati amatoriali, illustrazione e stampe d’epoca.
I preziosissimi fondi fotografici di
Francesco Faeta, Franco Pinna, Ando Gilardi.