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Un mercoledì di Aprile, verso le 4 di pomeriggio, Diego, 13 anni, decide che è arrivato il momento di esplorare il mondo e lasciarsi alle spalle la tv dei ragazzi, la famiglia, la scuola e la parrocchia e dopo un viaggio in bicicletta di tre chilometri si trasferisce nella sua nuova casa.
Questo il bagaglio:
1 sacco a pelo
1 cioccolato Carrarmato
3 Ciocorì
2 scatolette tonno Rio Mare
8 Merit rubate alla mamma
4 Muratti rubate alla sorella
1 accendino Bic
2 paia di mutande
3 paia di calzini
7 numeri di Alan Ford
1 numero di Oltretomba a colori
1 Victorinox (imitazione) con lama, apribottiglie, lima per le unghie, cacciavite
1 torcia elettrica
4 candele
1 cerbottana con stucco da idraulico
2 magliette
1 felpa Sergio Tacchini Monte-Carlo masters
1 paio di occhiali da sole Rayban Aviator (imitazione)
2 pacchetti di fazzoletti Tempo
1 rotolo di carta igienica
1 walkman AIWA Super Bass
4 musicassette: Ramirez, U2, Depeche Mode, Dire Straits
1 racchetta da tennis Marca Miller (usata come chitarra)
1 planisfero del 1986 scala 1:1000000 edizioni De Agostini
Il piccolo Diego ha il lusso di avere come uscio di casa una delle cinque porte più grandi del mondo: dopo quella della Magnificenza di Agra in India, dopo l’ingresso del NASA Vehicle Assembly Building, quello dello stabilimento Volkswagen di Autstadt, dopo la porta di sicurezza di Fort Knox c’è solo l’hangar dei dirigibili “Luigi Spagnolo” di Augusta:
45,2 metri di larghezza e 37 metri di altezza.
Salite 5 rampe di scale metalliche, trovato un angolo in cui stendere il sacco a pelo, appendere il planisfero e accendere una candela nella sua nuova stanza da letto di 80000m3, Diego prende possesso come unico abitante, nuovo sovrano e imperatore di una struttura costruita nel 1920 dalla Regia Marina.
È arrivata fino a noi sopravvivendo per un secolo alla corrosione della sua struttura in cemento armato, ad un paio di terremoti e all’indifferenza dei nostri contemporanei.
3 anni di lavori, 106 metri di lunghezza per ospitare 2 dirigibili disegnati dal Comandante Umberto Nobile in persona: un modello OS, Osservazione Speciale, motore Colombo, 5000m3 e un dirigibile della serie N2, gemello del Norge e dell’Italia, con un motore di 470 hp, 110 km/h di velocità massima, 16 membri di equipaggio, 3100 m di quota, 5000 km di autonomia di volo.
Quindi, si chiede Diego, fino a dove sarebbe potuto arrivare decollando dallo stagno di Augusta?
Alle isole Svalbard, come fece il comandante Nobile.
A Kashgar, nello Xinjiang, per vedere il mercato di cammelli più importante dell’Asia.
Nel villaggio di Prince Cristians Sund, in Groenlandia, per poter conoscere i suoi tre abitanti;
A Mascate, dove c’è un enorme tappeto persiano che può ospitare fino a 20.000 persone;
A Novosibirsk, per visitare la quarta metropolitana di Russia;
A Dakar, nel Senegal, per guardare dall’alto l’arrivo del rally;
A Zanzibar, sorvolando il lago Vittoria come nel romanzo di Jules Verne, e con i venti giusti fino alle isole di Saint Pierre e Miquelon per una colazione francese nel nord dell’Atlantico.
Avrebbe meritato altro l’hangar di Augusta.
Finire, ad esempio, tra le tappe dei 6.379 km della Linea dell’Impero che congiungeva Roma con Addis Abeba via Siracusa, Bengasi, Cairo, Wadi Halfa, Khartum, Cassala, Asmara, Dire Daua.
Restò in vita sei anni all’interno di un’era che ne durò venti.
I dirigibili erano silenziosi, eleganti, maestosi e immaginifici ma troppo fragili.
Lo USS Akron, inghiottito da una tempesta improvvisa al largo del New Jersey, 207 vittime.
Lo Zeppelin “Ausonia” risarcimento all’Italia dopo la prima guerra mondiale, maldestramente smontato da chi non fu in grado di rimontarlo
Il francese Dixmude, diretto verso il Sahara, inabissatosi al largo di Sciacca con i suoi 40 membri di equipaggio il cui capitano fu ritrovato cadavere nelle reti dei pescatori.
E infine, l’Hindenburg, l’incendio più fotogenico di sempre. Insieme alle sue fiamme si estingue per sempre quest’era.
Perché, come dice la mamma di Diego riportandolo a casa “i dirigibili hanno fatto tutti una brutta fine”.
Dirigibili 
Un mercoledì di Aprile, verso le 4 di pomeriggio, Diego, 13 anni, decide che è arrivato il momento di esplorare il mondo e lasciarsi alle spalle la tv dei ragazzi, la famiglia, la scuola e la parrocchia e dopo un viaggio in bicicletta di tre chilometri si trasferisce nella sua nuova casa.
Questo il bagaglio:
1 sacco a pelo
1 cioccolato Carrarmato
3 Ciocorì
2 scatolette tonno Rio Mare
8 Merit rubate alla mamma
4 Muratti rubate alla sorella
1 accendino Bic
2 paia di mutande
3 paia di calzini
7 numeri di Alan Ford
1 numero di Oltretomba a colori
1 Victorinox (imitazione) con lama, apribottiglie, lima per le unghie, cacciavite
1 torcia elettrica
4 candele
1 cerbottana con stucco da idraulico
2 magliette
1 felpa Sergio Tacchini Monte-Carlo masters
1 paio di occhiali da sole Rayban Aviator (imitazione)
2 pacchetti di fazzoletti Tempo
1 rotolo di carta igienica
1 walkman AIWA Super Bass
4 musicassette: Ramirez, U2, Depeche Mode, Dire Straits
1 racchetta da tennis Marca Miller (usata come chitarra)
1 planisfero del 1986 scala 1:1000000 edizioni De Agostini
Il piccolo Diego ha il lusso di avere come uscio di casa una delle cinque porte più grandi del mondo: dopo quella della Magnificenza di Agra in India, dopo l’ingresso del NASA Vehicle Assembly Building, quello dello stabilimento Volkswagen di Autstadt, dopo la porta di sicurezza di Fort Knox c’è solo l’hangar dei dirigibili “Luigi Spagnolo” di Augusta:
45,2 metri di larghezza e 37 metri di altezza.
Salite 5 rampe di scale metalliche, trovato un angolo in cui stendere il sacco a pelo, appendere il planisfero e accendere una candela nella sua nuova stanza da letto di 80000m3, Diego prende possesso come unico abitante, nuovo sovrano e imperatore di una struttura costruita nel 1920 dalla Regia Marina.
È arrivata fino a noi sopravvivendo per un secolo alla corrosione della sua struttura in cemento armato, ad un paio di terremoti e all’indifferenza dei nostri contemporanei.
3 anni di lavori, 106 metri di lunghezza per ospitare 2 dirigibili disegnati dal Comandante Umberto Nobile in persona: un modello OS, Osservazione Speciale, motore Colombo, 5000m3 e un dirigibile della serie N2, gemello del Norge e dell’Italia, con un motore di 470 hp, 110 km/h di velocità massima, 16 membri di equipaggio, 3100 m di quota, 5000 km di autonomia di volo.
Quindi, si chiede Diego, fino a dove sarebbe potuto arrivare decollando dallo stagno di Augusta?
Alle isole Svalbard, come fece il comandante Nobile.
A Kashgar, nello Xinjiang, per vedere il mercato di cammelli più importante dell’Asia.
Nel villaggio di Prince Cristians Sund, in Groenlandia, per poter conoscere i suoi tre abitanti;
A Mascate, dove c’è un enorme tappeto persiano che può ospitare fino a 20.000 persone;
A Novosibirsk, per visitare la quarta metropolitana di Russia;
A Dakar, nel Senegal, per guardare dall’alto l’arrivo del rally;
A Zanzibar, sorvolando il lago Vittoria come nel romanzo di Jules Verne, e con i venti giusti fino alle isole di Saint Pierre e Miquelon per una colazione francese nel nord dell’Atlantico.
Avrebbe meritato altro l’hangar di Augusta.
Finire, ad esempio, tra le tappe dei 6.379 km della Linea dell’Impero che congiungeva Roma con Addis Abeba via Siracusa, Bengasi, Cairo, Wadi Halfa, Khartum, Cassala, Asmara, Dire Daua.
Restò in vita sei anni all’interno di un’era che ne durò venti.
I dirigibili erano silenziosi, eleganti, maestosi e immaginifici ma troppo fragili.
Lo USS Akron, inghiottito da una tempesta improvvisa al largo del New Jersey, 207 vittime.
Lo Zeppelin “Ausonia” risarcimento all’Italia dopo la prima guerra mondiale, maldestramente smontato da chi non fu in grado di rimontarlo
Il francese Dixmude, diretto verso il Sahara, inabissatosi al largo di Sciacca con i suoi 40 membri di equipaggio il cui capitano fu ritrovato cadavere nelle reti dei pescatori.
E infine, l’Hindenburg, l’incendio più fotogenico di sempre. Insieme alle sue fiamme si estingue per sempre quest’era.
Perché, come dice la mamma di Diego riportandolo a casa “i dirigibili hanno fatto tutti una brutta fine”.