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bu
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La sura di Montallegro, بائع الفاكهة.
In tutto il mondo esistono canti dei fruttivendoli ambulanti.
Esistono registrazioni, repertori, canzoni famose che sono nate da qui.
Costermongers in inglese, Colporteurs in francese, Pregoneros in spagnolo.
In Sicilia le tradizioni musicali dell’Abbainàta variano da mercato a mercato, anche all’interno della stessa città.
A Monteallegro c’è Pasquale. Figlio di ambulante, padre di ambulante; la figlia vende granite.
Quando accende l’amplificatore della sua Ape Piaggio accade un fatto bizzarro: non siamo più in provincia di Agrigento. Improvvisamente veniamo trasportati con tutte le scarpe nel califfato fatimide, nella Sicilia del X secolo. Riascoltiamo il corano e una voce devota legge una sura dove ci viene promesso ogni frutto del paradiso:
aju patate, cipuddi, melanciani, pomodori pi salsi e pi insalti, lattughi, piri.
Come è possibile, a un millennio di distanza, che la musica di tre secoli di Sicilia araba rinasca ancora nella gola di Pasquale e una voce ci canti dell’immortalità della melodia: sotto ogni velo di sabbia il vento fa rinascere il canto tarteel che ci chiede di essere riconosciuto. Quelle note dicono: tu sai chi sono, sono sempre stato qui.
Il tempo non è passato invano, Pasquale oggi può aiutarsi con un amplificatore e le trombe dei megafoni. Un mondo di accessori si rivolge dal catalogo di Amazon direttamente agli ambulanti con impianti customizzati.
Pasquale non ricorda, non conosce la figura di Bilal l’abissino, primo Muezzin e sodale del Profeta; Pasquale non sa che Alan Lomax, nel 1954 venne fino in Sicilia a registrare quello che sopravvive agli uomini: la musica non diventa polvere.
In quelle registrazioni di solfatari e carrettieri rimangono le memorie di reami trascorsi: i bizantini, i normanni, e, certamente, gli arabi.
Pasquale non ricorda queste cose, le testimonia.
Il sua innodia ornata di melismi anticipa il contenuto del cassone del treruote e ci riporta a un mondo in cui gli Arabi sostituirono al grano della piana di Agrigento gli ortaggi, gli agrumi, i datteri e i gelsi. Pasquale ne canta con modi minori e scale mediorientali.
Si prega prima di mangiare; si può pregare anche prima di comprare, si può pregare anche per vendere. Di fronte ai frutti di Allah l’iman Pasquale prega da un millennio.
Ambulante 
La sura di Montallegro, بائع الفاكهة.
In tutto il mondo esistono canti dei fruttivendoli ambulanti.
Esistono registrazioni, repertori, canzoni famose che sono nate da qui.
Costermongers in inglese, Colporteurs in francese, Pregoneros in spagnolo.
In Sicilia le tradizioni musicali dell’Abbainàta variano da mercato a mercato, anche all’interno della stessa città.
A Monteallegro c’è Pasquale. Figlio di ambulante, padre di ambulante; la figlia vende granite.
Quando accende l’amplificatore della sua Ape Piaggio accade un fatto bizzarro: non siamo più in provincia di Agrigento. Improvvisamente veniamo trasportati con tutte le scarpe nel califfato fatimide, nella Sicilia del X secolo. Riascoltiamo il corano e una voce devota legge una sura dove ci viene promesso ogni frutto del paradiso:
aju patate, cipuddi, melanciani, pomodori pi salsi e pi insalti, lattughi, piri.
Come è possibile, a un millennio di distanza, che la musica di tre secoli di Sicilia araba rinasca ancora nella gola di Pasquale e una voce ci canti dell’immortalità della melodia: sotto ogni velo di sabbia il vento fa rinascere il canto tarteel che ci chiede di essere riconosciuto. Quelle note dicono: tu sai chi sono, sono sempre stato qui.
Il tempo non è passato invano, Pasquale oggi può aiutarsi con un amplificatore e le trombe dei megafoni. Un mondo di accessori si rivolge dal catalogo di Amazon direttamente agli ambulanti con impianti customizzati.
Pasquale non ricorda, non conosce la figura di Bilal l’abissino, primo Muezzin e sodale del Profeta; Pasquale non sa che Alan Lomax, nel 1954 venne fino in Sicilia a registrare quello che sopravvive agli uomini: la musica non diventa polvere.
In quelle registrazioni di solfatari e carrettieri rimangono le memorie di reami trascorsi: i bizantini, i normanni, e, certamente, gli arabi.
Pasquale non ricorda queste cose, le testimonia.
Il sua innodia ornata di melismi anticipa il contenuto del cassone del treruote e ci riporta a un mondo in cui gli Arabi sostituirono al grano della piana di Agrigento gli ortaggi, gli agrumi, i datteri e i gelsi. Pasquale ne canta con modi minori e scale mediorientali.
Si prega prima di mangiare; si può pregare anche prima di comprare, si può pregare anche per vendere. Di fronte ai frutti di Allah l’iman Pasquale prega da un millennio.