De
lin
quen
za
ca
ni
na

Sono esistiti giorni di latte e di miele per il grazioso Lillo.
Una cuccia calda, mangiarini a orari regolari, impermeabili e berrettini per le prime piogge, moffole contro il freddo, pomeriggi lieti nello sgambatoio, balocchi dai colori vivaci, tolettature, frizioni saponate e profumate, collarini vezzosi, cuscini dedicati, guinzagli estendibili, fragranze lucidanti e spazzole cromate.

I cani sono mediocri giudici della bellezza ma possono convincersi d’aver visto la più leggiadra creatura su quattro zampe, d’avere udito il loro nome cantato dalle sirene, di avere sentito il profumo dell’ambrosia oltre il cespuglio.
Un amico bassotto può avergli raccontato di un paese meraviglioso in cui le vacanze principiano il primo gennaio e finiscono coll’ultimo di dicembre.

È troppo tardi, il padrone non è più all’orizzonte e il sole inizia a tramontare, questo era l’ultimo giorno della perduta felicità di Lillo.

Ora inizia un viaggio picaresco sulla strada della sopravvivenza. Lillo, Giobbe e Justine forse non hanno meritato questa prova ma questo è quel che l’inquestionabile destino ha in serbo per loro.

Altri cani sono tornati dalla Scozia fino allo Yorkshire; Menelao, Nestore e Odisseo hanno fatto un glorioso ritorno da Troia, non Lillo.

Lo aspetta invece un trionfo di arcani maggiori, personificazioni di un abisso sempre più profondo:
l’accalappiacani, il contadino del grilletto facile, il cieco iroso, il fattore e la sua catena, l’allibratore di incontri o corse clandestini, il perverso zoofilo, la canara viziosa, il cuoco di Taiwan, il macellaio disonesto, l’adolescente sadico e piromane, l’ubriaco al volante, l’apprendista vivisezionatore.
Guai ai cani che si allontanano dai loro padroni, finiscono quasi sempre allo spedale o in prigione.

O peggio ancora il destino potrebbe riservare al povero Lillo d’unirsi ad una stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, una gang di randagi, ridotta a decimar pollai o raschiare cassonetti.

La lettaratura inglese delle cautionary tales, quella morale dello Stuwwelpeter, Max und Moritz, Bibì e Bibò, i moniti di Collodi e la grevità morale di De Amicis sono ottimi modelli per raccontare la malinconica corruzione del cane Lillo.

Una languorosa melassa di perdoni fraterni e redenzione, lagrime di riconoscenza, comprensione, abbracci e perdoni.

Ma è troppo tardi per Lillo, tra le sbarre solide e la ciotola vuota pensa ai giorni passati sulla strada: mentre cammina attraverso la valle dell’ombra della morte
dà uno sguardo alla sua vita e si rende conto che non è rimasto niente. È il tipo di randagio che gli altri cuccioli vorrebbero diventare mentre pregano di notte alla luce dei lampioni.

Palermo, via Tiro a segno, canile municipale.

Avresti dovuto smettere quando te lo avevano detto, Lillo.
Madre della Misericordia, è questa la fine di Lillo?

Intervisteremo Carmelo, veterinario autodidatta e pianista, esperto di molossi e vicende canine.

Delinquenza canina  MDN

Sono esistiti giorni di latte e di miele per il grazioso Lillo.
Una cuccia calda, mangiarini a orari regolari, impermeabili e berrettini per le prime piogge, moffole contro il freddo, pomeriggi lieti nello sgambatoio, balocchi dai colori vivaci, tolettature, frizioni saponate e profumate, collarini vezzosi, cuscini dedicati, guinzagli estendibili, fragranze lucidanti e spazzole cromate.

I cani sono mediocri giudici della bellezza ma possono convincersi d’aver visto la più leggiadra creatura su quattro zampe, d’avere udito il loro nome cantato dalle sirene, di avere sentito il profumo dell’ambrosia oltre il cespuglio.
Un amico bassotto può avergli raccontato di un paese meraviglioso in cui le vacanze principiano il primo gennaio e finiscono coll’ultimo di dicembre.

È troppo tardi, il padrone non è più all’orizzonte e il sole inizia a tramontare, questo era l’ultimo giorno della perduta felicità di Lillo.

Ora inizia un viaggio picaresco sulla strada della sopravvivenza. Lillo, Giobbe e Justine forse non hanno meritato questa prova ma questo è quel che l’inquestionabile destino ha in serbo per loro.

Altri cani sono tornati dalla Scozia fino allo Yorkshire; Menelao, Nestore e Odisseo hanno fatto un glorioso ritorno da Troia, non Lillo.

Lo aspetta invece un trionfo di arcani maggiori, personificazioni di un abisso sempre più profondo:
l’accalappiacani, il contadino del grilletto facile, il cieco iroso, il fattore e la sua catena, l’allibratore di incontri o corse clandestini, il perverso zoofilo, la canara viziosa, il cuoco di Taiwan, il macellaio disonesto, l’adolescente sadico e piromane, l’ubriaco al volante, l’apprendista vivisezionatore.
Guai ai cani che si allontanano dai loro padroni, finiscono quasi sempre allo spedale o in prigione.

O peggio ancora il destino potrebbe riservare al povero Lillo d’unirsi ad una stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, una gang di randagi, ridotta a decimar pollai o raschiare cassonetti.

La lettaratura inglese delle cautionary tales, quella morale dello Stuwwelpeter, Max und Moritz, Bibì e Bibò, i moniti di Collodi e la grevità morale di De Amicis sono ottimi modelli per raccontare la malinconica corruzione del cane Lillo.

Una languorosa melassa di perdoni fraterni e redenzione, lagrime di riconoscenza, comprensione, abbracci e perdoni.

Ma è troppo tardi per Lillo, tra le sbarre solide e la ciotola vuota pensa ai giorni passati sulla strada: mentre cammina attraverso la valle dell’ombra della morte
dà uno sguardo alla sua vita e si rende conto che non è rimasto niente. È il tipo di randagio che gli altri cuccioli vorrebbero diventare mentre pregano di notte alla luce dei lampioni.

Palermo, via Tiro a segno, canile municipale.

Avresti dovuto smettere quando te lo avevano detto, Lillo.
Madre della Misericordia, è questa la fine di Lillo?

Intervisteremo Carmelo, veterinario autodidatta e pianista, esperto di molossi e vicende canine.