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A centinaia, incastonati in vicoli irraggiungibili dal sole, nelle strette vie di paesi dei Nebrodi e dei Sicani, resistono questi detriti che testimoniano la pervasiva presenza di uno dei più grandi imperi di occidente: la Democrazia Cristiana.

Ex sezioni ‘De Gasperi’, circoli ‘Don Sturzo’, associazioni ‘Vincenzo Giumarra’ ci raccontano di una Sicilia che si rifiutò di scomparire dopo la grande deflagrazione del 1992.

Ci sono 27 associazioni politiche che dicono di essere la vera Democrazia Cristiana, una dissoluzione da dominio ottomano, da trono mongolo; alcune di esse sono sempre rimaste qui, nascoste nella giungla sicula, incapaci di ammettere la capitolazione imperiale.

Caltabellotta, Agrigento, Sezione De Gasperi.
Tutto è rimasto congelato nel tempo come nella tomba di Tutankhamon, l’insegna originale, gli arrredi, le stampe alle pareti perlinate. Nella parte più interna, al riparo da sguardi indiscreti, vi sono vari tavoli, probabilmente adibiti un tempo alla ricerca di storici compromessi, intese e patti, ora più prosaicamente ricoperti all’occorenza di panno verde; ormai vi si gioca più spesso a ramino o scopone.

“Cosa fanno li dentro?” Abbiamo chiesto nell’attiguo bar del paese. “Parlano… loro parlano…”.
Rievocano e cantilenano a memoria, come nell’opera dei pupi, le vicende cavalleresche dei paladini dello scudo crociato nel parlamento regionale, i combattimenti del senatore D’Angelo e del presidente Bonfiglio.
Oppure come in un monogatari feudale giapponese ricordano e riscrivono ogni giorno il clangore degli scontri tra lo shogunato dei Pumilia e i samurai Pipìa che governarono il paese di Caltabellotta 14 anni ciascuno.

All’interno della sezione De Gasperi, come in un racconto di fantascienza anni 60, i convenuti sono condannati a rievocare i giorni del potere che fu: la disputa tra milazzisti e laloggisti, la nascita di Sicindustria, i fasti babilonesi della Cassa del Mezzogiorno.

Per questa pantomima kabuki la sezione De Gasperi ha bisogno di un numero invariabile d’attori:
il sottosegretario emerito C.P., già autore di due libri di memorie;
Guglielmo Peralta d’Aragona Chiaramonte, orbo erede del latifondo della contea;
Roberto D’Alberto, farmacista e direttore della Voce di Caltabellotta.
Giulio Arduino Marchese, segretario del circolo della caccia, con simpatie monarchiche.
Agrò Calogero, impiegato di concetto, affiliato al Supernus Ordo Equester Templi, massoneria decaduta.
Don Ettore Corona, vocazionista, vice parroco della diocesi di Triocala

Le mani di questi notabili si uniranno infine nella catena medianica che evocherà ——————-, compianto notaio del paese, consigliere comunale per 4 decenni, foriero di parole di pace, concordia e compromesso.

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A centinaia, incastonati in vicoli irraggiungibili dal sole, nelle strette vie di paesi dei Nebrodi e dei Sicani, resistono questi detriti che testimoniano la pervasiva presenza di uno dei più grandi imperi di occidente: la Democrazia Cristiana.

Ex sezioni ‘De Gasperi’, circoli ‘Don Sturzo’, associazioni ‘Vincenzo Giumarra’ ci raccontano di una Sicilia che si rifiutò di scomparire dopo la grande deflagrazione del 1992.

Ci sono 27 associazioni politiche che dicono di essere la vera Democrazia Cristiana, una dissoluzione da dominio ottomano, da trono mongolo; alcune di esse sono sempre rimaste qui, nascoste nella giungla sicula, incapaci di ammettere la capitolazione imperiale.

Caltabellotta, Agrigento, Sezione De Gasperi.
Tutto è rimasto congelato nel tempo come nella tomba di Tutankhamon, l’insegna originale, gli arrredi, le stampe alle pareti perlinate. Nella parte più interna, al riparo da sguardi indiscreti, vi sono vari tavoli, probabilmente adibiti un tempo alla ricerca di storici compromessi, intese e patti, ora più prosaicamente ricoperti all’occorenza di panno verde; ormai vi si gioca più spesso a ramino o scopone.

“Cosa fanno li dentro?” Abbiamo chiesto nell’attiguo bar del paese. “Parlano… loro parlano…”.
Rievocano e cantilenano a memoria, come nell’opera dei pupi, le vicende cavalleresche dei paladini dello scudo crociato nel parlamento regionale, i combattimenti del senatore D’Angelo e del presidente Bonfiglio.
Oppure come in un monogatari feudale giapponese ricordano e riscrivono ogni giorno il clangore degli scontri tra lo shogunato dei Pumilia e i samurai Pipìa che governarono il paese di Caltabellotta 14 anni ciascuno.

All’interno della sezione De Gasperi, come in un racconto di fantascienza anni 60, i convenuti sono condannati a rievocare i giorni del potere che fu: la disputa tra milazzisti e laloggisti, la nascita di Sicindustria, i fasti babilonesi della Cassa del Mezzogiorno.

Per questa pantomima kabuki la sezione De Gasperi ha bisogno di un numero invariabile d’attori:
il sottosegretario emerito C.P., già autore di due libri di memorie;
Guglielmo Peralta d’Aragona Chiaramonte, orbo erede del latifondo della contea;
Roberto D’Alberto, farmacista e direttore della Voce di Caltabellotta.
Giulio Arduino Marchese, segretario del circolo della caccia, con simpatie monarchiche.
Agrò Calogero, impiegato di concetto, affiliato al Supernus Ordo Equester Templi, massoneria decaduta.
Don Ettore Corona, vocazionista, vice parroco della diocesi di Triocala

Le mani di questi notabili si uniranno infine nella catena medianica che evocherà ——————-, compianto notaio del paese, consigliere comunale per 4 decenni, foriero di parole di pace, concordia e compromesso.