Vil
la
ge
ma
gi
que

Nella seconda metà dell’Ottocento uno spettro si aggira per la Sicilia: il nudismo.

Arriva da un lungo viaggio, è partito dalla Germania, distillato dai vapori di paganesimi sassoni: wotanismo, ariosofia, armanisimo, etenismo; remoti patti tra uomo, Dio e Natura; quest’ultima, ci indicano gli scritti di Richard Ungewitter può essere pregata solo in un modo: nudi.
Ora arcadico e faunesco, ora laconico e marziale, lo spirito del nudismo ha attraversato l’Europa, sopravvivrà al Nazismo seducendolo, si innerverà in manifesti e federazioni internazionali, verrà promosso da Eva Braun, Theodore Roosevelt, Angela Merkel o Gianni Agnelli.

Nella Taormina del 1864 il mare e l’Etna si offrono allo sguardo della clientela internazionale dalla terrazza dell’Hotel Timeo. Alla visita del teatro greco altri ospiti preferiscono le tumescenze giovanili dei carusi locali: nel 1901 il barone von Gloeden mette in bella posa decine di kouroi impertinenti; migliaia di impressioni fotografiche producono un immediato collezionismo trepidante.
Ancora nel 1920 a Cefalù composizioni caleidoscopiche di albe dorate e glutei trovano un altare nella villa di Aleister Crowley.
Infine, trenta anni più tardi, il turismo naturista appare in una località inaspettata: Gela.
Nel 1952, nascoste tra le dune di Bulala si montano le tende di uno dei primi bivacchi nudisti in Italia.

Nascono come Club dei villaggi di tela per essere immediatamente ribattezzati col più accattivante Villages Magiques: confort britannici, cucina francese, american bar e, soprattutto, pochi vestiti, giusto un sandalo e una collana; sono la dimenticata origine di quel che diventerà, dopo un decennio, il Club Méditerranée.
Hanno come partner la rivista Elle e si rivolgono ad un pubblico prevalentemente femminile; emancipato, cosmopolita, ricco, in cerca di afrore.

Venez avec votre mari, des amis ou des enfants, s’ils ont plus de dix ans, mais si vous venez seule, la conseillère de Elle vous accueillera et, si vous le désirez, vous présentera des amis“.

Nell’austero paradiso immaginato dall’Ungewitter liberato dalla colpa del corpo, la redazione di Elle offre la mela, la preziosa merce del peccato.
Il vigore salutista e spavaldo delle origini è perduto: la fierezza dei popoli di Odino viene sostituita dalla effeminata débauche francese; al rigore del naturismo si affianca il turgore dello scambismo, le molli passerelle dell’esibizionismo, l’ambigua ammirazione per il culturismo, l’invito alla partouze.
Da qui a qualche decennio il morbo francese porterà alle distopie di Cap d’Adge (enorme villaggio naturista da 5000 posti letto).

A Gela il ricordo del Village Magique verrà messo in ombra in pochi anni dalle cisterne delle raffinerie dell’ENI.
Oggi quei luoghi sono una rovina petrolchimica rivestita dalla distesa veleggiante delle tele di plastica della serricoltura.
Un mondo di appuntamenti clandestini sopravvive tra parcheggi e spiagge tessili intrise di catrame, immemore delle fantasie polinesiane delle donne parigine di settanta anni fa.
Rimane solo un cartello votato in un recente consiglio comunale a ricordarsene.
C’è da chiedersi se lo sfruttamento intensivo della spiaggia di Bulala non potesse essere fermato innaffiando altro prodotto, la Minchia Gelese IGP.

Village magique  MDN

Nella seconda metà dell’Ottocento uno spettro si aggira per la Sicilia: il nudismo.

Arriva da un lungo viaggio, è partito dalla Germania, distillato dai vapori di paganesimi sassoni: wotanismo, ariosofia, armanisimo, etenismo; remoti patti tra uomo, Dio e Natura; quest’ultima, ci indicano gli scritti di Richard Ungewitter può essere pregata solo in un modo: nudi.
Ora arcadico e faunesco, ora laconico e marziale, lo spirito del nudismo ha attraversato l’Europa, sopravvivrà al Nazismo seducendolo, si innerverà in manifesti e federazioni internazionali, verrà promosso da Eva Braun, Theodore Roosevelt, Angela Merkel o Gianni Agnelli.

Nella Taormina del 1864 il mare e l’Etna si offrono allo sguardo della clientela internazionale dalla terrazza dell’Hotel Timeo. Alla visita del teatro greco altri ospiti preferiscono le tumescenze giovanili dei carusi locali: nel 1901 il barone von Gloeden mette in bella posa decine di kouroi impertinenti; migliaia di impressioni fotografiche producono un immediato collezionismo trepidante.
Ancora nel 1920 a Cefalù composizioni caleidoscopiche di albe dorate e glutei trovano un altare nella villa di Aleister Crowley.
Infine, trenta anni più tardi, il turismo naturista appare in una località inaspettata: Gela.
Nel 1952, nascoste tra le dune di Bulala si montano le tende di uno dei primi bivacchi nudisti in Italia.

Nascono come Club dei villaggi di tela per essere immediatamente ribattezzati col più accattivante Villages Magiques: confort britannici, cucina francese, american bar e, soprattutto, pochi vestiti, giusto un sandalo e una collana; sono la dimenticata origine di quel che diventerà, dopo un decennio, il Club Méditerranée.
Hanno come partner la rivista Elle e si rivolgono ad un pubblico prevalentemente femminile; emancipato, cosmopolita, ricco, in cerca di afrore.

Venez avec votre mari, des amis ou des enfants, s’ils ont plus de dix ans, mais si vous venez seule, la conseillère de Elle vous accueillera et, si vous le désirez, vous présentera des amis“.

Nell’austero paradiso immaginato dall’Ungewitter liberato dalla colpa del corpo, la redazione di Elle offre la mela, la preziosa merce del peccato.
Il vigore salutista e spavaldo delle origini è perduto: la fierezza dei popoli di Odino viene sostituita dalla effeminata débauche francese; al rigore del naturismo si affianca il turgore dello scambismo, le molli passerelle dell’esibizionismo, l’ambigua ammirazione per il culturismo, l’invito alla partouze.
Da qui a qualche decennio il morbo francese porterà alle distopie di Cap d’Adge (enorme villaggio naturista da 5000 posti letto).

A Gela il ricordo del Village Magique verrà messo in ombra in pochi anni dalle cisterne delle raffinerie dell’ENI.
Oggi quei luoghi sono una rovina petrolchimica rivestita dalla distesa veleggiante delle tele di plastica della serricoltura.
Un mondo di appuntamenti clandestini sopravvive tra parcheggi e spiagge tessili intrise di catrame, immemore delle fantasie polinesiane delle donne parigine di settanta anni fa.
Rimane solo un cartello votato in un recente consiglio comunale a ricordarsene.
C’è da chiedersi se lo sfruttamento intensivo della spiaggia di Bulala non potesse essere fermato innaffiando altro prodotto, la Minchia Gelese IGP.